Ve lo ripropongo di seguito, ma non dimenticate di dare un'occhiata anche al blog degli amici del Rio Grappling Club di Sestri.
Se 20 anni fa ci fosse stata la diffusione del nostro sport che c’è adesso ora conoscerei più il mondo e avrei amici in ogni dove.
Detto questo - ed invidiando la fortuna dei miei giovani allievi - non posso lamentarmi …. meglio tardi che mai. Se uno ha visto le tenebre apprezza maggiormente la luce.
Quando mi sposto cerco sempre una palestra di bjj, grappling o libera in cui allenarmi, è diventato un nuovo modo di fare amicizia e conoscere luoghi nonché persone simili a me.
E’ difficile trovare un lottatore con cui fai sparring che non diventi tuo amico, con la maggior parte delle persone che ci circondano e che frequentiamo abitualmente non condividiamo un’ esperienza così intensa e viscerale come la lotta.
Lottare unisce, e nei miei viaggi l’ho appurato più e più volte, nonostante gap linguistici, religiosi, culturali, colore della pelle, stato sociale e puttanate varie, lottare mi ha fatto conoscere persone meravilgiose. Lottare è comunicazione (qs l’ho sentito un un’intervista a Yuki Nakai), la lotta è un linguaggio comune a tutti i popoli … la materassina è l’esperanto dei lottatori.
Ti dai la mano, fai il gesto convenzionale e via con le danze, a cosa serve parlare,? Risp: “A nulla”; una leva è una leva, un atterramento è un atterramento, una posizione di dominio è una posizione di dominio. Si comunica senza parlare, si fa amicizia in una maniera primitiva e profonda.
I lottatori li riconosci per strada, un lottatore non da la mano ti abbraccia, fanno gesti strani, hanno facce truci ma solari, orecchie spesso deformi ed avambracci solidi (anche le mezze).
Spiego il pensiero citando il mio fratello Thomas Erba…lo abbraccereste mai un uomo sudato per strada, la risposta è no. Però tutte le sere lottando non vi ponete lontanamente il problema, è naturale è lotta.
Ti ammazzi letteralmente di botte prendi colpi che stenderebbero qualsiasi persona normale, sanguini copiosamente o ti cospargi del sangue altrui senza battere ciglio e con il sorriso, questa è la lotta (ieri il mio sparring si è bloccato tre volte per crampi ed ha sempre continuato dopo - andatelo a dire ad un calciatore-). Ti lamenti degli acciacchi, ma sai benissimo che il tuo dirimpettaio è conciato peggio, sei esausto ma sorridente, è normale è lotta. Che tu sia jutsuka, lottatore o grappler le sensazioni non cambiano. La lotta unisce e non serve parlare, si a volte è violenta, si a volte è poco salutare, come tutte le cose che vale la pena vivere. Lottare aggrega fortifica lo spirito e tempra il corpo, crea legami che vanno al di là della sola amicizia. Lottare è per molti ma non per tutti. La fatica è parte integrante del gioco ed elemento fondamentale, è reale ed è condivisa, non si diventa forti facendo movimenti all’aria o tirando calci al vento, si migliora assieme ai propri compagni, non esiste un aliud pro alio o ti fai il mazzo e combatti o rimani una pippa, non si diventa forti facendo forme e guardando video, è una serratura a doppia mandata legata indissolubilmente all’altrui presenza. Senza un compagno volitivo non si progredisce ed è per questo che si creano forti legami ed è per questo che chiamiamo fratelli i nostri compagni.
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